La Libia è l’ultimo paese del Mediterraneo dove un viaggiatore può provare le stesse emozioni degli antichi viaggiatori dei secoli passati. Camminando tra le rovine archeologiche ricche di storia, se ci si impegna, con un po’ di immaginazione si possono sentire ancora le grida dei mercanti  fenici, la intraprendente vitalità dei coloni greci,  guerrieri cartaginesi a presidio del loro mondo, l’Impero Romano che qui dominò 600 anni donando a Roma anche un  Imperatore, la dominazione araba e turca, l’occupazione Italiana, il colpo di stato militare con il rovesciamento della monarchia e la nascita dell’attuale repubblica araba di libia. Comunque se state leggendo queste righe significa che vi state incamminando in questa direzione, ed io vi porterò a visitare un sito archeologico unico nel quale potrete assaporare la bellezza di un luogo tra i più belli del mondo. Lo faremo lentamente, seguendo i ritmi di una terra carica di storie e leggende.


E’  inutile girarci intorno. Per noi Italiani Tripoli è una città di rimozioni e di nostalgie. Qui per 32 anni abbiamo avuto un “posto al sole”. Tranquilli, non sono un nostalgico. La medina è piena di gente a qualsiasi ora, e camminare per le viuzze che circondano la zona vecchia è una continua scoperta  di negozietti che espongono erbe, medicinali, spezie e stoffe preziose, mentre gli antichi caravanserragli si trasformano per accogliere i nuovi artigiani.  Al  contrario di altre medine  questa di Tripoli è un relax.  Qui non si viene inseguiti, minacciati, qui non si contratta, si ha la sensazione che i commercianti ti bisbiglino nell’orecchio “se non compri niente e te ne vai, mi fai un favore”. 


All’interno della medina sopravvive miracolosamente uno dei più importanti archi costruiti in epoca romana, quello di Marco Aurelio. Poco distante visitiamo anche una moschea,  da qui comincia la medina meno turistica e più degradata, dove vivono disperati immigrati. Arrivano dal Sudan, Mali, Niger e aspettano …… aspettano un lavoro malpagato che i Libici non vogliono più fare ……….. sembra una storia già sentita.


Con l’avvento del benessere derivato dal petrolio la medina è stata abbandonata dai residenti a favore dei nuovi condomini sorti intorno alla città.



Siamo all’interno del Castello Rosso, così chiamato per il colore delle pietre assunte quando il sole tramonta. L’edificio ha visto avvicendarsi le varie dinastie, ed è ora adibito a museo della Jamahirya, il più ricco di tutto il paese. Qui Atena domina imperiosa, probabilmente come 2000 anni fa nel teatro di Leptis Magna.



In una delle magnifiche ville costruite dagli abitanti di Leptis Magna è stato ritrovato uno splendido mosaico costituito da 4 figure allegoriche che rappresentano le 4 stagioni. Questo mosaico rappresenta la primavera.




Caratteristico mausoleo  per i ricchi dell’epoca.


La civiltà sahariana, di cui ci sono giunti in ottimo stato di conservazione graffiti e pitture, silenziosi testimoni di un mondo rupestre che raggiunse il suo massimo sviluppo fra il 10000 e il 5000 aC. Ancora oggi nelle grotte e nei ripari tra le falesie si possono scoprire raffigurazioni che hanno un grande valore storico, oltre che artistico, ma questo lo racconterò in un altro viaggio………………….


Leptis Magna è uno dei più grandiosi siti archeologici del Nordafrica. Conquistata da Giulio Cesare nel 46 aC, raggiunse il massimo splendore tra il I° ed il II° sec dC . In questa città nacque Settimio Severo futuro imperatore, da cui ebbe inizio la dinastia dei Severi, e questo arco a lui dedicato fu eretto nel 202 dC.  I fregi in alto rappresentano Settimio Severo con la moglie ed i figli Caracalla e Geta.



Il teatro di Leptis Magna resta, nella sua dignitosa decadenza, un luogo spettacolare con il suo colonnato e come sfondo il mare.


Veduta del grandioso foro severiano, circondato da mura  e con un innumerevole quantità di frammenti architettonici, scultorei ed archi decorati con teste di Gorgone.






Il grandioso anfiteatro, con il mare come sfondo amplifica un luogo …….. deserto. Non mi è mai capitato di vedere splendidi siti archeologici come questo completamente deserti. Siamo gli unici attori  su questo palcoscenico!  è stupendo.


Siamo al mercato, rimasto praticamente immutato nei secoli, e questo è un dosatore di quantitativi di grano.



Così doveva essere Leptis Magna nel suo massimo splendore.



Sabratha situata a 70 km da Tripoli, il suo periodo d’oro cominciò con la distruzione di Cartagine e terminò con il terribile terremoto del 365 dC . Con la successiva conquista araba scomparve definitivamente tra le sabbie del deserto.  L’Italia è presente in Libia con numerose missioni archeologiche. Molte di esse sono attive nel Paese da decenni compatibilmente con i finanziamenti, che in genere durano solo un paio di mesi all’anno. Nonostante tutto sono riuscite a portare alla luce parti di questo immenso tesoro insabbiato dal tempo che per il  governo Libico non rappresenta nulla, non essendo appartenente alla loro cultura.



Il teatro di Sabratha eretto alla fine del II sec dC, il più grande dell’Africa romana, con la sua scena con tre ordini di colonne. L’aspetto attuale si deve all’intervento di Italo Balbo governatore della Libia, che ne fece un simbolo dell’antica presenza romana nel Paese. Anche oggi a distanza di secoli, specie al tramonto, regala bellissimi effetti cromatici accompagnati da forti emozioni.




Il palco in legno ospita ancora oggi spettacoli di vario tipo che si svolgono al tramonto quando il sole scende nel mare e le nuvole si arrossano della sua luce stanca.



Statua di Afrodite in una nicchia delle Terme.


A  ricordo di un antico passato, un particolare del Mausoleo Punico a dimostrazione dell’influenza ellenistica ed a presidio di uno degli accessi della città.



Le grandi colonne del tempio di Liber Pater, a testimonianza dell’importanza di cui godette, in passato, questa divinità venerata in tutto il Nordafrica.



Questo tempio è a ricordo della dinastia degli Antonini di cui fece parte anche Marco Aurelio. Dalla cima di queste scale si gode un’ampia vista di tutta l’area archeologica.



Le imponenti colonne del santuario di Iside, sul mare.


Quante colonne arrivarono dal resto del mondo allora conosciuto e quante ne vennero erette negli anni!.......Queste aree archeologiche furono, per secoli, magazzini all’aperto per chiunque necessitasse di pilastri per costruzioni di ogni tipo.




Questa immagine racconta una storia,  la storia di quando Cartagine e Cirene avevano deciso di affidare le sorti dei confini all’esito di una gara di corsa: due coppie di atleti provenienti ciascuna dalla propria città avrebbero segnato la frontiera nel punto in cui si sarebbero incontrati. I due fratelli Fileni 
( Cartaginesi ) si spinsero molto più avanti di quelli greci. Cirene li accusò di frode, ma si sarebbe adeguata e quindi avrebbe riconosciuto il nuovo confine se, a servire a cippi di confine, fossero stati gli stessi fratelli Fileni vincitori della corsa. Cartagine accettò ed i due vennero sepolti vivi. Da quel momento i due fratelli Fileni entrarono nella leggenda.


Siamo sulla strada che porta a Benghazi. Si viaggia in mezzo al niente, solo asfalto per km e km, da una parte il mare dall’altra il deserto.




Lungo tutta la costiera della Cirenaica si incontrano numerose case coloniche, una volta abitate da contadini italiani ed ora abbandonate. Sono tutte uguali.




E’  un piccolo museo sulla costa Cirenaica, deserto, come tutto  quello che ci circonda, consumato dal tempo e con un cartello all’ingresso con la scritta  “Museum of Qasr  Libya”. Dentro, una cinquantina di mosaici non molto interessanti …..ma solo in apparenza se non per questa rara forse unica rappresentazione del faro di Alessandria.



Siamo nel piccolo museo di Tolemaide dove si possono ammirare alcune straordinarie opere d’arte, tra cui mosaici di squisita fattura rinvenuti nel Palazzo delle  Colonne.





Il Ginnasio.


Di epoca Bizantina il palazzo del governatore, che veniva chiamato Dux.



Il palazzo delle Colonne.



Camminare tra le rovine di Tolemaide è un’esperienza suggestiva , che può apprezzare anche chi non sia appassionato di archeologia.



 I capitelli nel prato indicano il punto dove scavando si possono trovare le rispettive colonne. Qui la maggior parte del sito archeologico è tuttora sotto terra, ma forse un giorno potrà vedere la luce intatto come venne abbandonato quel giorno del 365 dC quando il terremoto distrusse tutto.


A seguito di questo imponente cataclisma gran parte del litorale sprofondò di alcuni metri, e nella foto si vede una strada che entra nel mare in direzione dell’isolotto sul quale si intravedono delle colonne.



Cirene……..grande, meravigliosamente   greca, contende a Leptis Magna il primato di gioiello archeologico della Libia. Una leggenda riferita da Erodoto sostiene che la città sia stata fondata da Aristotele Batto. Cirene nacque nel 631 aC e prosperò sotto l’ala protettrice di Apollo, Zeus e Demetra a cui furono dedicati grandiosi templi. Il maestoso tempio di Zeus, eretto nel V sec aC,  subì nel tempo alcune violente distruzioni,  ed il restauro  ad opera di architetti e archeologi italiani iniziato nel ’67 è tuttora in corso.






Questa fu la zona colonizzata dai primi abitanti di Cirene, con il tempio di Apollo.









Accesso all’arteria principale, con la via Batto soprannome di Aristotele.




Pregevole portale marmoreo del IV sec aC. E’ tutto quello che rimane dell’antico tempio di Apollo Archegeta.


Nell’Agorà sorge un monumento navale, del III sec aC , eretto dopo una vittoria in mare. Esso presenta, diritta in prua come una polena, una statua di Nike, la vittoria alata, che arriva a noi priva di ali e della testa.


Una processione rituale aveva sempre inizio in questo tempio a forma circolare. Le due statue rappresentano Demetra, dea della fertilità, e la figlia Kore, dea degli inferi. dalle quali il santuario prende il nome.


Molti sono i mosaici, di squisita fattura, ritrovati nei pavimenti delle abitazioni.





A seguito del terremoto, oggi proseguono in mare le ricerche archeologiche, con lo scopo di definire esattamente i confini della città inabissata in mare. E’ facile camminare per le rovine di Apollonia ed imbattersi in pezzi di anfore o di utensili sparsi per tutto il litorale. In epoca bizantina le colonne dei templi pagani di Apollonia furono riconvertiti a sorreggere soffitti e navate.






I Bizantini portarono in questi luoghi il messaggio cristiano e con esso tutti i suoi simboli. E anche se riutilizzarono i materiali di origine greca e romana trovati in loco, li seppero riadattare come questa croce che sormonta una sfera, simbolo del mondo, scolpiti su una colonna di riutilizzo in una basilica. 


Risalendo le pendici del sito archeologico si arriva a dominare da una posizione altamente panoramica il teatro dal quale , proprio in mezzo al palcoscenico, svetta una palma.



 Il viaggio è finito, rimane  la consapevolezza di aver visitato siti archeologici di una bellezza unica, e il rammarico di constatare che nonostante il governo Libico abbia in dote un notevole tesoro archeologico non si impegni nel valorizzarlo e restaurarlo. E  pensare che a volte è sufficiente mettere in posizione verticale un pezzo di colonna e appoggiarvi sopra un capitello……… per restituire dignità e significato alle rovine di un passato ricco di arte e storia.



Brevi considerazioni sulla Libia di Gheddafi.

Che dire…… potrei raccontare di quella volta in cui il "Leader" voleva silurare il transatlantico Queen Elizabeth diretto in Israele con un migliaio di turisti membri di  associazioni ebraiche. O raccontare di quando tentò di convincere il presidente della Repubblica Popolare Cinese a vendergli una bomba atomica “anche piccola” per liquidare la questione sionista, oppure raccontare della Terza Teologia Universale, così come Gheddafi chiamò la sua dottrina i cui principi sono condensati nel suo Libro Verde. Ma per questo basterebbe aprire un giornale, e si leggerebbe anche di peggio. Voglio invece raccontarvi quello che i giornali non riportano,  e quello che i libri di storia omettono.

 Siamo nel più profondo Sahara a circa 3500 Km dalla costa del Mediterraneo sopra un mare di acqua dolce, acqua fossile, sigillata 500 metri sottoterra milioni di anni fa. Scoprirla negli anni 60 non è stato facile, ed ancora più difficile è stata portarla sulla costa. Per realizzare questa opera faraonica la Libia ha messo in moto mezzo mondo senza badare a spese. Aziende coreane  crearono e assemblarono condutture dalle dimensioni incredibili, tubi  lunghi 7 metri, larghi 4 metri, pesanti 80 tonnellate. Li vedo passare continuamente su strade senza curve, tracciate da ditte italiane e riservate solo a questo scopo, su autocarri costruiti appositamente dalla Volvo.  In quest’opera la Libia ha investito per anni un terzo del suo PIL. Alcuni esperti hanno avanzato l’ipotesi che forse  l’acqua finirà tra un centinaio di anni. Forse hanno ragione ……….. ma penso che questo acquedotto sia per Gheddafi quello che la diga di Assuan fu per Nasser. Una sfida per i nemici interni ed esterni. Negli anni ottanta l’America bombardava Tripoli quale capitale di uno stato considerato “canaglia”. Nel 92 a lavori avanzati scattava l’embargo dell’ONU, e nel 95 scoppiò una rivolta integralista. In un quadro di questo tipo riuscire a inaugurare l’acquedotto nel 96 fu un vero miracolo. Dimostrando con questo di essere uno dei pochi leader di un paese arabo che, senza aiuti da nessuno,  è riuscito nell’intento lungimirante di dare un futuro al suo paese fino a ieri carente di risorse idriche con  “acqua non potabile e di pessima qualità”, e all’ONU di poter fare da solo senza chiedere un euro di aiuti finanziari alle banche internazionali.

Chissà quante persone conoscono la storia di Omar al-Mukhtar. Recentemente nel suo ultimo viaggio in Italia il colonnello Gheddafi si presentò al suo arrivo in aeroporto con la foto di al-Mukhat attaccata sul petto. Il suo nome e il suo passato sono un tabù in Italia, e queste poche righe sono un omaggio al suo passato e una riflessione su una pagina vergognosa della nostra storia.
L’Italia sbarcò a Tripoli il 29 settembre 1911 dichiarando guerra alla Turchia che ne aveva la sovranità. Dopo alcuni anni la rivolta degli Arabi-Berberi riuscì a confinare l’invasore italiano sulla costa. Roma spedì allora in Libia il generale Rodolfo Graziani con l’intento di reprimere la guerriglia. La mano militare fu pesantissima ed il nostro Paese si macchiò di efferati crimini di guerra con esecuzioni sommarie all’ordine del giorno, decimazioni e campi di concentramento fino al 16 settembre 1931, giorno nel quale venne impiccato al-Mukhta che aveva guidato la guerriglia contro il Regio Esercito Italiano. In sua memoria venne girato un film “Il leone del deserto”, Kolossal ben strutturato in stile Hollywoodiano ed abbastanza attendibile dal punto di vista storico. Assurda e immotivata fu la decisione del governo Italiano di vietarne la programmazione nel nostro paese, forse per paura della reazione di fronte alle crude scene della repressione messe in atto dall’Italia in quel periodo.
Se vi capitasse di passare per Qasr Lybia potreste imbattervi in un cartello con la scritta “ Queste sono le vallate del Leone del deserto ” ( questo era il suo nome di battaglia).   

1 commento: